Noti per divorare qualsiasi materia che si avvicina troppo, secondo un nuovo studio i buchi neri potrebbero anche essere catturati dalle stelle appena formate senza distruggerle. Questi piccoli oggetti annidati nei loro cuori, chiamati “buchi neri primordiali”, sono considerati potenziali candidati per la materia oscura.
Buchi neri primordiali?
I buchi neri si manifestano in vari modi, come risultato della morte delle stelle o come mostri supermassicci nascosti nel cuore delle galassie. Una vecchia teoria suggerisce che molti di questi oggetti, chiamati “buchi neri primordiali”, potrebbero essersi formati nei primi secondi dopo il Big Bang.
Si scopre anche che questi oggetti sono considerati potenziali candidati per spiegare il materia oscura. Questa idea si basa sulle loro proprietà gravitazionali. La materia oscura è una forma invisibile di materia che sembra influenzare la gravità, ma non può essere osservata direttamente.
I buchi neri primordiali, se esistessero, sarebbero sparsi nell’Universo fin dalle prime fasi successive al Big Bang. La loro presenza, anche in piccole quantità, potrebbe poi contribuire alla massa totale dell’Universo e influenzare, attraverso la loro gravità, i movimenti delle galassie e delle stelle.
Nel dettaglio, gli scienziati hanno notato che le osservazioni dei movimenti galattici non corrispondono del tutto a quanto ci si aspetterebbe considerando semplicemente la massa visibile (stelle, gas, ecc.). L’idea è che la massa extra fornita dai buchi neri primordiali potrebbe quindi spiegare queste osservazionioffrendo così una possibile spiegazione della natura della materia oscura.
Naturalmente, stabilire la conferma dell’esistenza di oggetti invisibili rimane una sfida, ma ciò potrebbe essere reso possibile dalle loro interazioni con altri oggetti. Stefano Hawking per esempio, lui stesso una volta avanzò l’idea che le stelle appena formate potessero catturare piccoli buchi neri primordiali, con a massa approssimativa simile a quella di un asteroidein circostanze eccezionali. Sarebbero quindi annidati nel loro centro.
Oggetti sorprendentemente stabili
Stelle e buchi neri potrebbero davvero coesistere armoniosamente? Per scoprirlo, i ricercatori hanno sviluppato modelli per studiare l’evoluzione di queste “stelle di Hawking”, come vengono chiamate, variando le masse iniziali dei buchi neri. Con loro grande sorpresa, questi oggetti si rivelarono più stabile del previstorendendone quasi impossibile il rilevamento dall’esterno.
« Le stelle con un buco nero al centro possono vivere sorprendentemente a lungo“, ha detto Earl Patrick Bellinger, autore principale dello studio. “ Il nostro Sole potrebbe persino avere al centro un buco nero massiccio quanto il pianeta Mercurio senza che ce ne rendiamo conto.«
Un metodo potrebbe tuttavia consentire agli astronomi di individuare queste stelle che nascondono buchi neri. Infatti, in una tale configurazione, il buco nero indurrebbe modelli distinti di convezione all’interno della stella stessaoffrendo una possibilità di rilevamento attraverso una tecnica chiamata asterosismologia. In sostanza, questo metodo prevede lo studio di come le onde sonore attraversano le stelle e influenzano la luminosità delle loro superfici.
Questa è attualmente solo una teoria, ma le ripercussioni del rilevamento di una stella del genere sarebbero considerevoli. Ciò segnerebbe da un lato la prima conferma dell’esistenza dei buchi neri primordiali e dall’altro risolverebbe l’enigma della materia oscura.
In conclusione, la possibilità che le stelle possano ospitare buchi neri primordiali al loro centro apre nuove e affascinanti prospettive nella ricerca sulla materia oscura. Queste stabili “stelle di Hawking”, contenenti buchi neri fin dai primi secondi dopo il Big Bang, potrebbero spiegare alcune anomalie gravitazionali osservate nell’Universo. Anche se questa teoria deve ancora essere confermata, tecniche come l’astrosismologia potrebbero un giorno aiutare a rilevare queste stelle misteriose. Se dimostrata, questa scoperta potrebbe rivoluzionare la nostra comprensione della materia oscura e dei buchi neri primordiali, fornendo risposte ad alcuni dei più grandi misteri cosmologici.
I dettagli dello studio sono pubblicati in Il giornale astrofisico.
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