Dalla metà del XX secolo, l’attività umana è stata un fattore chiave del cambiamento climatico, con l’agricoltura in cima alla lista dei settori più inquinanti. Negli Stati Uniti, l’industria dell’allevamento è uno dei principali contributori, responsabile del 3,3% delle emissioni nazionali di gas serra. Nonostante gli impegni di riduzione e i progressi compiuti nel corso di decenni, la complessità della filiera della carne bovina rende complicata la soluzione di questo problema. Uno studio recente offre soluzioni concrete per ridurre queste emissioni fino al 30% concentrandosi su pratiche specifiche adattate alle diverse regioni.
Sommaire
Una valutazione innovativa per ridurre le emissioni
Lo studio, condotto dall’Institute on the Environment (IonE) dell’Università del Minnesota in collaborazione con The Nature Conservancy, rappresenta un progresso significativo nella comprensione e gestione trasmissioni di gas serra nell’industria del bestiame americana. Questa ricerca ha introdotto una metodologia innovativa nella valutazione dell’impatto ambientale utilizzando un approccio a livello nazionale per fornire una panoramica dettagliata delle emissioni lungo tutta la catena di approvvigionamento del bestiame.
Al centro di questo studio c’è la mappatura delle emissioni di gas serra su scala locale estremamente precisa, cosa rara nella ricerca ambientale. I ricercatori hanno diviso gli Stati Uniti in regioni specifiche tenendo conto delle diverse pratiche agricole e dei tipi di produzione presenti in ciascuna area. Questa granularità ha permesso di scoprire punti caldi dell’inquinamento in cui le emissioni sono particolarmente elevate a causa di specifiche pratiche locali.
Punti da ricordare
IL dati raccolti rivelano che le emissioni sono fortemente influenzate da il modo in cui il bestiame viene nutrito e allevato. Ad esempio, le emissioni derivanti dalla produzione di mangimi per animali, che comprende la coltivazione e il trasporto del cibo, sono particolarmente elevate nelle Grandi Pianure e nel Midwest. Queste regioni sono note per la loro intensa produzione agricola per l’alimentazione del bestiame che comprende colture di mais e soia. Queste colture richiedono una quantità significativa di fertilizzanti e prodotti chimici che contribuiscono alle emissioni di gas serra.
Inoltre, in queste regioni agricole si concentrano anche le emissioni legate alla reclusione del bestiame, come quelle provenienti dagli allevamenti in cui gli animali vengono allevati in condizioni più intensive. Questo tipo di confinamento genera significative emissioni di metano, un potente gas serra, attraverso la digestione del bestiame e la gestione dei rifiuti animali.
Al contrario, le emissioni derivanti dalle pratiche di pascolo sono distribuite in modo più uniforme, ma presentano altre sfide ambientali. Le regioni occidentali degli Stati Uniti, dove il pascolo è più comune, mostrano profili di emissioni diversi. Qui il metano emesso dai bovini al pascolo è generalmente meno concentrato, ma rappresenta comunque una parte significativa delle emissioni complessive del settore.
Questa valutazione dettagliata permette non solo di individuare le principali fonti di emissioni, ma anche di comprendere come le diverse pratiche di gestione del bestiame influenzino l’impatto ambientale. Identificando queste aree specifiche, lo studio fornisce quindi informazioni preziose che possono guidare azioni mirate per ridurre le emissioni in modo più efficace.
Pascoli e produzione alimentare
Lo studio propone diverse strategie concrete per ridurre le emissioni di gas serra nell’industria della carne bovina. Una delle principali raccomandazioni riguarda miglioramento delle pratiche di pascolo. Negli Stati Uniti sudorientali, i ricercatori suggeriscono di incorporare gli alberi nelle aree di pascolo. Questo metodo cattura più carbonio e migliora il sequestro del carbonio nei suoli, contribuendo a ridurre le emissioni complessive. Inoltre, anche pratiche come la rotazione dei pascoli e una migliore gestione del territorio possono svolgere un ruolo cruciale. Queste tecniche promuovono una migliore salute del suolo e ne aumentano la capacità di immagazzinare carbonio, riducendo così le emissioni legate alle attività di pascolo.
Per quanto riguarda la produzione di mangimi per animali, lo studio raccomanda l’uso di colture di copertura tra i periodi colturali principali. Queste colture svolgono un ruolo importante nel migliorare la salute del suolo e nel ridurre le emissioni di gas serra associate alla produzione alimentare. Allo stesso tempo, l’aggiunta di alcuni additivi alimentari alle razioni bovine può contribuire a ridurre le emissioni di metano prodotte dalla digestione degli animali, il che rappresenta un significativo passo avanti nel limitare l’impatto ambientale della produzione di carne.
Zone di contenimento e zone umide
Zone di contenimento, come feedlotssono oggetto anche delle raccomandazioni. I ricercatori hanno identificato opportunità per migliorare le pratiche di gestione in queste strutture. In particolare, il miglioramento della gestione del letame e la riduzione delle emissioni provenienti dagli impianti di stoccaggio dei rifiuti possono ridurre significativamente le emissioni di gas serra associate a queste pratiche.
Infine, per le Grandi Pianure settentrionali, il ripristino delle zone umide degradate è stato identificato come una misura efficace per sequestrare il carbonio e mitigare le emissioni legate alla produzione di carne bovina. Il ripristino di queste aree può non solo migliorare la capacità di stoccaggio del carbonio nel suolo, ma anche contribuire alla preservazione degli ecosistemi locali.
Secondo gli autori, l’attuazione delle pratiche raccomandate nello studio potrebbe potenzialmente ridurre le emissioni di gas serra provenienti dall’industria della carne bovina di circa il 30%.
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