Secondo un recente studio condotto da ricercatori norvegesi, il Mare di Barents è interessato da fughe naturali di metano che sono tra le più grandi mai scoperte sulla Terra. Dobbiamo preoccuparci di questa scoperta?
10.000 tonnellate di metano all’anno
Ricordiamolo innanzitutto il Mare di Barents si trova nella Scandinavia settentrionale. Si tratta di un mare poco profondo (230 metri in media) che si estende per circa 1,4 milioni di chilometri quadrati. Tuttavia questa zona è attualmente teatro di un fenomeno molto particolare, ovvero il gas risale risalendo in superficie.
Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Frontiere nelle Scienze della Terra nel luglio 2024, i ricercatori dell’Università Artica norvegese di Tromsø hanno effettuato sei spedizioni tra il 2018 e il 2022 nel Mare di Barents. La loro conclusione è inequivocabile: circa 10.000 tonnellate di metano fuggono ogni anno dagli hotspot appena scoperti.
Inoltre gli hot spot in questione non rilasciano la stessa quantità di gas, ma sta di fatto che i volumi sì superiore a qualsiasi altro sito al mondo. Per gli autori dello studio si tratta di una vera sorpresa.
Come si verificano queste perdite?
Nell’ambito delle loro spedizioni, gli scienziati hanno esplorato a territorio di circa 5.000 km²l’equivalente del doppio della superficie del Lussemburgo. Tuttavia, solo quest’area offrirebbe un riparo nientemeno che 21.700 perdite di metano. Si tratta di faglie e dorsali geologiche legate a giacimenti di idrocarburi. Soffrendo di una lenta e lunga erosione dovuta all’attività tettonica e ai vari cicli di glaciazione-deglaciazione della Terra, i « coperchi » di questi serbatoi naturali stanno ora perdendo il loro contenuto. Secondo gli autori dello studio la zona si sarebbe liberata circa 137 milioni di tonnellate di gas dall’ultima deglaciazione, più di 10.000 anni fa.
Ricordiamolo però metano persiste nell’atmosfera solo una dozzina di anniMentre anidride carbonica può rimanere lì fino a un millennio. D’altro canto, il metano resta da allora molto problematico il suo potenziale di riscaldamento è più elevato rispetto a quello della CO2. Inoltre, le 10.000 tonnellate di metano rilasciate ogni anno nel Mare di Barents sono molto lontane dai 120 milioni di tonnellate annue derivanti dalla produzione e dall’utilizzo di combustibili fossili.
Infine, i ricercatori hanno affermato che lo studio ha permesso loro di comprendere meglio come si verificano queste perdite nel Mare di Barents. D’altra parte, collegare l’area esplorata a misurazioni sistematiche dell’aria per dimostrare un effetto significativo sull’atmosfera sembra tecnicamente complicato. Ciò nonostante, le infiltrazioni potrebbero spiegare perché l’industria norvegese del gas non ha mai effettivamente scoperto risorse significative nella regione.