L’inquinamento da plastica è una piaga per l’oceano, e in particolare per le specie marine che vi vivono. Alcuni scienziati, però, pensano che sia meglio non ripulire i mari dalle particelle di plastica… Perché?
Sommaire
Come la plastica inquina l’oceano
A causa del suo incapacità di degradarsi efficacemente in naturala plastica rappresenta un grave problema ecologico, per diversi motivi:
- Degradabilità (resiste alla decomposizione naturale, può impiegare centinaia di anni per degradarsi completamente)
- Utilizzo massiccio e onnipresenza (la maggior parte dei prodotti e degli oggetti di uso quotidiano contengono plastica)
- Cattiva gestione dei rifiuti o negligenza (nessun sistema efficace per la raccolta e il riciclaggio dei rifiuti di plastica; molti finiscono in natura)
- Microplastiche (particelle inferiori a 5 millimetri presenti in grandi quantità nell’oceano e ingerite da organismi marini)
- Impatto sulla fauna e flora marina (lesioni gravi, problemi digestivi, morte per soffocamento o avvelenamento).
Combattere contro l’inquinamento da plastica negli oceani, diventa allora fondamentale ridurne la produzione, oppure privilegiare le materie plastiche riutilizzabili, anche se queste non possono essere interamente riciclate a fine vita (scopri il percentuale di plastica che è stata effettivamente riciclata dal 1950).
Perché alcuni scienziati pensano che non dovremmo rimuovere la plastica dagli oceani?
Secondo un piccolo gruppo di ricercatori, pulire gli oceani potrebbe mettere in pericolo alcune specie marine abituate alla plastica… Il dilemma è grande.
Buono la plastica interrompe la catena alimentare molte specie, gli scienziati incaricati dell’indagine avrebbero dimostrato che altri organismi come i neuston* gli devono la loro proliferazione. Sembrerebbe infatti che questi organismi che vivono sulla superficie dell’acqua lo abbiano fatto ben adattato all’inquinamentocome il drago marino Glauco o lumache Gentilina.
*Il neutrone riunisce tutti gli organismi legati alla superficie dell’acqua, cioè all’interfaccia tra l’acqua e l’atmosfera (alghe, molluschi, cnidari).
Pertanto, osserveremmo a immensa quantità di neutroni sul famoso 7° continente dei rifiuti, questa massa di microparticelle di plastica che si evolve alla velocità della luce insieme alle onde del Pacifico. Secondo alcuni biologi, la pulizia degli oceani potrebbe mettere in pericolo questo gruppo di specie. Rebecca Timoneun ecologista americano, osa addirittura affermare:
Alcuni progetti di pulizia degli oceani potrebbero privare il mondo di un intero ecosistema che non comprendiamo e che forse non si riprenderà mai.
È difficile sapere cosa pensare…
In conclusione, l’inquinamento da plastica è una piaga per l’oceano e i suoi abitanti, rappresentando un grave problema ecologico. La plastica, resistente al degrado naturale, sta invadendo i nostri oceani a causa del suo utilizzo massiccio e della cattiva gestione dei rifiuti. Le microplastiche, in particolare, pongono seri problemi alla vita marina, causando lesioni, problemi digestivi e persino la morte.
Tuttavia, alcuni scienziati sollevano un dilemma intrigante: ripulire gli oceani dalla plastica potrebbe potenzialmente danneggiare alcune specie marine che si sono adattate a questo ambiente inquinato. I Neuston, un gruppo di organismi che vivono sulle superfici dell’acqua, sembrano proliferare in presenza di plastica, con specie come il drago marino Glaucus e le lumache Janthina che trovano nicchie in queste condizioni.
Il 7° continente dei rifiuti, un vasto accumulo di microparticelle di plastica, è diventato l’habitat di questi organismi. I biologi, come Rebecca Helm, mettono in guardia contro i progetti di pulizia degli oceani che potrebbero distruggere un ecosistema unico che non comprendiamo ancora appieno.
Questa situazione pone un dilemma complesso: dovremmo pulire gli oceani col rischio di distruggere ecosistemi idonei, o dovremmo lasciare la plastica sul posto, mettendo in pericolo altre specie e la salute generale degli oceani? Questo dibattito evidenzia la necessità di continuare la ricerca per trovare soluzioni equilibrate che proteggano sia l’ambiente che la biodiversità marina.
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