il salvataggio subacqueo più profondo mai riuscito


Nel 1973, due uomini bloccati sul fondo del mare per più di tre giorni a bordo della Pisces III, al largo delle coste irlandesi, furono salvati con solo pochi minuti di ossigeno rimasti.

Intrappolato sotto i 480 metri di profondità

Noi siamo il 29 agosto 1973. Due marinai britannici (Roger Mallinson e Roger Chapman) si recano nel Mar Celtico a bordo del sottomarino Pesci III di posare approssimativamente un cavo telefonico transatlantico sul fondo del mare 240 chilometri a sud-ovest di Cork, in Irlanda. Poche ore dopo, mentre tornano in superficie una volta completata la missione, un portello si apre accidentalmente, provocando l’allagamento di una piccola cavità autonoma nel sottomarino. Molto rapidamente il sommergibile diventa più pesante e cade.

Consapevoli di trovarsi in una pessima situazione, i due marinai hanno prima spento il profondimetro a 152 metri, per paura che scoppiasse. Si rannicchiano anche con dei cuscini per proteggersi e mettono un panno in bocca per evitare di mordersi la lingua.

Trenta secondi dopo si ritrovarono a terra, 480 metri di profondità. Così è 9:30. La brutta notizia è che gli sono rimasti solo una lattina di limonata e un panino al formaggio. La buona notizia è che Mallinson aveva sostituito la bombola di ossigeno poco prima dell’immersione. In questo preciso momento, possono ancora resistere più di 60 ore.

Nonostante tutto, per evitare di consumare troppo velocemente l’ossigeno disponibile, i due marinai cercano di muoversi il meno possibile e di parlarsi solo quando è assolutamente necessario.

Molto rapidamente, i due riescono a prendere contatto con la superficie, informandoli della situazione. Numerose navi della Royal Navy del Regno Unito, della Marina degli Stati Uniti e della Guardia costiera canadese furono quindi inviate sul posto per salvarli.

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Una missione complicata

Nei giorni successivi furono elaborati diversi piani, mentre nel Mar Celtico arrivavano anche i sommergibili Pisces II e Pisces V, ma l’operazione si rivelò difficile.

Nelle prime ore del 31 agosto, il Pisces II scende per primo, collegato ad una corda in polipropilene. Sfortunatamente, si rompe ancor prima che si imbatta nel sommergibile in pericolo. Poco dopo, anche se a corto di potenza, il Pisces V riuscì comunque a localizzare il sottomarino. Purtroppo la corda cedette e il Pisces V si ritrovò sul fondo del mare insieme al Pisces III. Alla fine, poco dopo mezzanotte, ricevette l’ordine di ritornare in superficie, cosa che non mancò di preoccupare i due marinai.

« Ci sentivamo come se fossimo tornati al punto di partenza senza nessuno in giro. Le nostre ore di ossigeno erano quasi finite e presto stavamo esaurendo l’idrossido di litio (che aiuta a ripulire la CO2 espirata)“, è stato un giorno ricordato Italiano: Roberto Capucci.

L’indomani, 1 settembrei due marinai hanno appena iniziato a mangiare le loro magre provviste quando il Pesci II e un altro sommergibile, il Curva III, torna in acqua. Insieme riusciranno ad agganciare una linea affidabile al Pisces III e infine a rimontarlo. Raggiungono la superficie in un unico pezzo 13:17.

Pesci III
I subacquei aiutano i piloti salvati da Pisces III. Crediti: Marina degli Stati Uniti/Wikipedia

Sebbene questa missione sia stata un successo, dimostra comunque quanto pericoloso possa essere questo tipo di salvataggio. L’incidente del Pisces III del 1973 rimane una delle operazioni di salvataggio subacqueo più drammatiche e stimolanti della storia. Intrappolati a 480 metri di profondità con risorse limitate, Roger Mallinson e Roger Chapman hanno dimostrato una compostezza esemplare razionando l’ossigeno e riducendo al minimo i movimenti. La loro sopravvivenza, contro ogni previsione, è stata possibile solo grazie al coordinamento e agli sforzi congiunti di diverse marine, a dimostrazione dell’importanza della cooperazione internazionale in situazioni di crisi.

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Questa missione di salvataggio, caratterizzata da sfide tecniche e momenti di disperazione, alla fine è riuscita grazie alla perseveranza e all’ingegno delle squadre di soccorso. Le lezioni apprese da questa operazione non solo hanno rafforzato i protocolli di sicurezza subacquea, ma hanno anche evidenziato i rischi inerenti a quest’area di esplorazione. Il successo del salvataggio della Pisces III è una testimonianza della resilienza umana e della capacità di superare situazioni apparentemente insormontabili attraverso l’innovazione e la determinazione collettiva.



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