Per la sua prima stagione a TotalEnergies dopo quattro anni all'U Nantes Atlantique, Jordan Jegat (24 anni) sta scoprendo le corse a livello di World Tour. E domenica è stato il suo primo Monumento che ha corso, durante Liegi-Bastogne-Liegi. Poiché ha ottenuto una serie di buoni risultati, 2° al Tour du Jura e soprattutto 14° in a La Freccia Vallone ghiacciata mercoledì scorso (“Ho guardato così tanto questa gara in TV, che pensavo che il muro di Huy fosse ancora più difficile! Ma alla fine non era insormontabile. »), il bretone è arrivato con la speranza di fare bene sulla Doyenne, pur consapevole che i 250 chilometri gli avrebbero fatto male. Li ha terminati piatti, fisicamente ma soprattutto mentalmente (77°).
“Se ti nascondi tra le ruote, va bene”
“Vengo dalla Freccia Vallone e per me l'obiettivo è riposarmi, recuperare. Avevamo condizioni difficili, lascia segni sulla carrozzeria, ho dovuto tagliarmi giovedì mentre gli altri uscivano a girare. Giovedì ho fatto solo la ricognizione in macchina e negli ultimi giorni ho fatto solo l'home trainer.
Non ho particolari apprensioni. Ho già corso i Campionati Francesi a Cholet (nel 2022) dove avevamo fatto 240 chilometri, se ti nascondi nelle ruote, va bene. Anche se lì, in una gara come la Liegi con tanta elevazione e tensione, non sarà la stessa cosa. Aspetto che passi, non mi dico « è morto, non lo farà », questo non mi spaventa.
Dato che sono arrivato tra i primi 15 a La Flèche, la squadra vorrebbe che facessi altrettanto a Liegi, dove alla partenza c'è un po' lo stesso gruppo a parte Pogacar e Van der Poel. Ma senza mettermi pressione, perché sanno che sono stanco, che è la prima volta che vado in bicicletta così tanto, partiamo comunque per le 18:30… Ma c'è l'ambizione. L'obiettivo è cercare di collocarmi bene e, al momento dell'Haute-Levée (75 km dall'arrivo) per vedere se c'è modo di anticipare o se è meglio restare nel gruppo. »
“Erano tutti davvero morti”
“Non mi sbagliavo sul nervosismo della gara… Siamo partiti condizioni difficili e fredde, poi ha fatto un po' meglio alla fine. I primi 80 chilometri non sono stati molto nervosi ma appena arriviamo in direzione Bastogne diventa sempre più nervoso fino ad avvicinarci alla costa di Saint-Roch (117esimo chilometro) dove c'è davvero tensione.
Poi c'è questo autunno (98 chilometri dall'arrivo), ero intorno al 60° posto e sono sceso al 40° o al 50°. La mia moto era bloccata, ci ho messo molto tempo a ripartire dopo aver fatto tutto il giro, mi sono ritrovato in un gruppo ancora dietro Van der Poel. Con Kevin Vauquelin (Arkéa-B&B Hotels, che poi abbandonerà)abbiamo inseguito a lungo per lottare, andava così veloce davanti che abbiamo dovuto fare un grande sforzo per tornare indietro e bloccare intorno a 1'30'', ma sono riuscito a malapena a infilarmi nelle ruote del gruppo, ho lasciato che vai… Uno (Tommaso) Pidcock può farlo ma io, per la prima volta, non ho margine di errore. E mi sono lasciato andare sulla costa di Desnié (50 km dall'arrivo)poi ho fatto La Redoute da solo.
Non ho pensato nemmeno una volta di fermarmi. E' il mio primo Monumento quindi è di tutto rispetto. Ma ero vuoto, morto. È tutto molto nervoso e c'è più stanchezza psicologica che in altre gare, è mentalmente estenuante. Ero in un piccolo gruppo a Roche-aux-Faucons (l'ultimo dosso, a 14 chilometri dall'arrivo), ho visto altri corridori arrendersi, mi sono detto che erano davvero tutti morti. Liegi non è la corsa che mi fa sognare di più, preferisco le gare a tappe di montagna, ma resta leggendaria. Il pubblico ai piedi dello Stockeu o della Redoute è un ricordo molto, molto bello. E quando smetterò di pedalare potrò sempre dire di aver finito Liegi.
La mia classifica non significa nulla. Mi sarebbe piaciuto vivere la gara senza questa caduta, sono un po' frustrato, ne avrei ricavato più esperienza, ma è anche colpa mia se non mi sono piazzato. Il problema è che al momento con tutte le cadute e i dibattiti in giro, c'è ancora più nervosismo e non tutti possono essere tra i primi venti. Quando vediamo uno come Mathieu Van der Poel, leader e con tutti i suoi compagni al suo servizio, anche lui in trappola, significa che la gente si lascerà sempre ingannare. L'ho visto scendere a bordo strada e poi rientrare nel gruppo per risalire, mi dico che non siamo sulla stessa moto: se lo faccio, non sono sicuro che riuscirò a farlo rimettersi in viaggio (sorriso). »
- « Un sentimento di vergogna », deluso il direttore sportivo dello Stade Français, Laurent Labit, dopo la sconfitta di Lione - octobre 13, 2024
- I Blues conoscono la strada per l’Euro - octobre 13, 2024
- Come l’anno scorso, il G2 non vedrà i quarti di finale dei League of Legends Worlds - octobre 13, 2024