L’evoluzione genetica accelerata ha consentito agli esseri umani di digerire meglio l’amido


Secondo un recente studio americano, i geni responsabili della sintesi degli enzimi che digeriscono l’amido hanno subito un’evoluzione accelerata negli ultimi 12.000 anni. Come spiegano i biologi autori di questa ricerca, l’origine di questa evoluzione non è altro che l’avvento di uno stile di vita basato sull’agricoltura.

La nostra capacità di digerire il grano: prodotto di una lunga evoluzione

La rivoluzione neolitica ebbe luogo tra il 10.000 e il 2.500 a.C. aC ed era il la prima rivoluzione agricola dell’umanità. Apparsa nella Mezzaluna Fertile in Medio Oriente prima di diffondersi nel mondo, questa rivoluzione sarebbe anche genetica. In ogni caso, molti scienziati la pensavano così, prima del recentissimo arrivo di prove concrete.

Oggi, la specie umana digerisce l’amido relativamente beneun carboidrato complesso presente nei cereali coltivati ​​come granoriso o anche mais. Questa digestione è possibile grazie a copie di geni che svolgono un ruolo nel pancreas e nelle ghiandole salivari nella sintesi di un enzima molto specifico. Questa è l’amilasi di cui è capace “tagliare” l’amido in zuccheri semplici che il nostro corpo potrà poi assimilare.

Inoltre, la qualità di questa digestione lo è proporzionale al numero di copie del genee quindi alla quantità di amilasi prodotte. Tuttavia, le tecniche di sequenziamento del genoma non hanno consentito di determinare questa quantità di copie genetiche negli esseri umani, almeno fino ad oggi. Uno studio condotto dall’Università di Berkeley (Stati Uniti) e pubblicato sulla rivista Natura Il 4 settembre 2024 ha contribuito a chiarire questo mistero.

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Genoma del DNA
Crediti: mirerek8/Pixabay

Cosa dicono i risultati dello studio?

Secondo i risultati dello studio, il genoma umano contiene da una a undici copie di AMY1 (amilasi salivare) e rispettivamente tra zero e tre e una o quattro copie di AMY2A e AMY2B (amilasi pancreatiche). Per fare un confronto, il bonobo, lo scimpanzé e l’uomo di Neanderthal, i nostri cugini più prossimi, hanno una copia di ciascuna amilasi. Gli autori di questo lavoro specificano che circa 12.000 anni fa gli esseri umani in Europa possedevano quattro copie del gene dell’amilasi salivare rispetto alle sette attuali. Si tratta quindi di a reale vantaggio in termini di sopravvivenza. In altre aree agricole del mondo, gli autori dello studio hanno riscontrato aumenti nel numero di copie dei geni dell’amilasi, indipendentemente dalla natura del principale cereale coltivato.

Lo studio specifica inoltre l’esistenza di a accelerazione dell’evoluzione del genoma umano. I risultati hanno mostrato che il tasso di evoluzione che dà origine a cambiamenti nel numero di copie del gene dell’amilasi è stato 10.000 volte più veloce di quello dei cambiamenti in una singola coppia di basi del genoma.

In un comunicato stampal’autore principale dello studio Peter Sudmant ha affermato che l’umanità è stata finalmente in grado di comprendere appieno queste regioni del DNA strutturalmente complesse. Ciò ora rende possibile studiare la storia della selezione della regione, la cronologia evolutiva e la diversità delle popolazioni di tutto il mondo. Secondo il biologo, il prossimo passo logico sarà quello pensare ai collegamenti con le malattie umane.



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