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In gran parte assenti dal Sistema Solare, ma onnipresenti nella nostra galassia, gli esopianeti sub-Nettuno continuano ad affascinare i planetologi. Un recente studio effettuato da ricercatori dell’Università di Ginevra (UNIGE) e dell’Università di Berna (UNIBE) rivela ora che questi pianeti più piccoli di Nettuno, ma più grandi della Terra possono essere suddivisi in due categorie distinte: i “gonfiati” e i “gonfiati” sub-Nettuno non inflazionato. Questa scoperta fa luce sui misteri della loro densità e della loro formazione, in particolare in connessione con la loro risonanza orbitale all’interno dei loro sistemi planetari.
Sistemi risonanti
Un sistema planetario risonante è quello in cui i pianeti hanno periodi orbitali che sono in semplice relazione tra loro. Cioè, le orbite dei pianeti sono sincronizzate in modo tale che le posizioni relative dei pianeti si ripetono regolarmente. Questa sincronizzazione è nota come risonanza orbitale.
Un sistema scoperto di recente 100 anni luce della Terra attorno alla stella HD 110067 illustra perfettamente questo fenomeno. Quest’ultimo ne comprende sei sotto-Nettuno a cui seguono un’affascinante risonanza armonica. Ad esempio, il pianeta più interno completa un’orbita in 9,1 giorni terrestri, mentre il pianeta il più esterno ne realizza uno in 54,7 giorni. I rapporti di risonanza tra questi pianeti sono tali per ogni orbita del pianeta esterno, il pianeta interno ne fa sei. Queste precise risonanze esistono da circa quattro miliardi di anni, una durata paragonabile all’età del nostro Sistema Solare.
I ricercatori hanno recentemente osservato che questi sub-Nettuno risonanti sono generalmente meno densi di quelli che non seguono una risonanza orbitale. Questa differenza di densità pone domande interessanti sulla loro formazione ed evoluzione.
Il gonfio e il non gonfio
Gli scienziati planetari hanno utilizzato due metodi principali per misurare la densità dei sub-Nettuno: variazione temporale del transito (TTV) e il velocità radiale. Il metodo TTV misura le variazioni del tempo di transito causate dalle interazioni gravitazionali tra i pianeti, mentre il metodo della velocità radiale valuta le variazioni nella velocità di una stella indotte dalla gravità di un pianeta in orbita.
I risultati hanno mostrato che il metodo TTV tende a rilevare i pianeti subnettuniani meno densi, mentre il metodo della velocità radiale è sbilanciato verso i pianeti a densità più elevata. Analizzando questi dati, i ricercatori hanno poi confermato l’esistenza di due distinte famiglie di sub-Nettuno. I sub-Nettuno “gonfi” sono spesso in risonanza con altri pianeti nel loro sistemaMentre quelli “non gonfiati” no. Questa risonanza sembra giocare un ruolo cruciale nella loro densità e nella loro evoluzione.
Il gruppo di ricerca propone che tutti i sistemi planetari inizino la loro esistenza convergendo in una corda risonante. Tuttavia solo il 5% circa di questi sistemi riesce a mantenere questa risonanza nel tempo. Quando la catena risonante si rompe, può farlo fanno sì che i pianeti si scontrino e si fondano, creando mondi più densi. I sistemi risonanti, d’altro canto, mantengono i loro sub-Nettuno inflazionati, perché sfuggono a questi eventi catastrofici.
Questa scoperta getta nuova luce sulla formazione e sull’evoluzione degli esopianeti sub-Nettuno e aiuta a spiegare perché il nostro Sistema Solare non contiene tali pianeti. Il legame tra risonanza orbitale e densità dei sub-Nettuno apre quindi prospettive entusiasmanti per lo studio degli esopianeti e della dinamica dei sistemi planetari.
I dettagli dello studio sono pubblicati sulla rivista Astronomia e astrofisica.
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