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Per decenni la ricerca biomedica si è affidata in gran parte l’uso di animali da laboratorio comprendere i meccanismi delle malattie umane e sviluppare nuove terapie. Tuttavia, rimane una domanda cruciale: quante di queste terapie testate sugli animali superano effettivamente tutti i passaggi necessari per essere approvate per l’uso umano? Una recente meta-analisi ha cercato di rispondere a questa domanda urgente.
Gli studi sugli animali sono rilevanti?
IL studi sugli animali sono innegabilmente cruciali per la ricerca di base e rappresentano una parte sostanziale degli investimenti globali nella ricerca biomedica. Hanno consentito progressi significativi fornendo informazioni preziose sul meccanismi della malattia e aprendo la strada a importanti innovazioni terapeutiche.
Tuttavia, nonostante questi contributi, crescono le preoccupazioni circa il bassa trasferibilità dei risultati degli studi sugli animali all’uomo sono emersi negli ultimi anni. Queste preoccupazioni sono particolarmente rilevanti per il dibattito su uso etico degli animaliperché la traduzione clinica rimane una delle principali giustificazioni di tale ricerca.
Fino ad ora, tuttavia, le prove di alto livello (che abbracciano diversi settori biomedici e valutano i tassi di successo traslazionale) sono state scarse. Nell’ambito del nuovo lavoro, i ricercatori hanno quindi condotto una meta-analisi dei dati disponibili con l’obiettivo di stabilire la percentuale di terapie testate su animali alla fine approvate per l’uso umano.
Lo studio metaanalitico, condotto da Benjamin Ineichen e dal suo team dell’Università di Zurigo, rivela dati sorprendenti: su 367 interventi terapeutici testati in 54 malattie umane, solo il 5% hanno ottenuto con successo l'approvazione normativa dopo aver completato tutte le fasi necessarie dallo studio sugli animali alla sperimentazione clinica controllata randomizzata. In altre parole, una terapia su venti testata sugli animali è approvata per l’uso umano.

Come spiegarlo?
Questi risultati evidenziano una grande sfida nel tradurre le scoperte precliniche in applicazioni cliniche nel mondo reale. Sebbene l’elevato allineamento (86%) tra i risultati degli studi sugli animali e sull’uomo suggerisca che i modelli animali possano fornire previsioni accurate sulla potenziale efficacia dei trattamenti negli esseri umani, ritardi medi significativi per raggiungere ogni fase del processo di validazione clinica (cinque anni per gli studi sull'uomo, sette anni per gli studi randomizzati e controllati e dieci anni per l'approvazione normativa) evidenzia inefficienze e ostacoli persistenti.
Per ottimizzare la traduzione della ricerca sugli animali nella medicina umana, miglioramenti sostanziali nella progettazione dello studio sono quindi necessari. Rafforzando la robustezza metodologica degli studi sugli animali e integrando sofisticati modelli in vitro e tecnologie di imaging avanzate, sarebbe infatti possibile migliorare la validità dei risultati ottenuti dai modelli animali. Questi progressi potrebbero non solo accelerare il processo di sviluppo dei farmaci, ma anche ridurre i costi associati e massimizzare l’impatto clinico delle nuove terapie.
In definitiva, sebbene gli studi sugli animali rimangano indispensabili per la ricerca biomedica, è imperativo ripensare e migliorare il loro utilizzo per ottimizzare la traduzione delle scoperte precliniche in benefici clinici tangibili per i pazienti. Ciò richiederà una collaborazione continua tra ricercatori, regolatori e difensori dei diritti degli animali per promuovere pratiche di ricerca etiche ed efficaci in un contesto medico in continua evoluzione.
Lo studio è pubblicato in Plos Biologia.
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