La ricerca di segnali extraterrestri continua ad evolversi. Un recente studio condotto dal SETI fornisce infatti spunti affascinanti, stabilendo allo stesso tempo nuovi limiti su ciò che potremmo rilevare. Condotta con il Murchison Widefield Array (MWA) in Australia, questa ricerca si è concentrata su un aspetto ancora relativamente inesplorato della la ricerca della vita extraterrestre : frequenze radio basse.
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Per più di sei decenni, la ricerca di intelligenza extraterrestre (SETI) è stata in prima linea negli sforzi per scoprire prove di civiltà avanzate oltre il nostro pianeta. Il SETI si basa principalmente sull’ipotesi che potrebbero essere utilizzate civiltà extraterrestri tecnologicamente sufficientemente avanzate segnali radio per comunicare.
I suoi metodi si basano su tecnologie all’avanguardia. I radiotelescopi, come l’Allen Radio Telescope dell’Università della California, Berkeley e il Green Bank Radio Telescope, vengono utilizzati per ascoltare segnali a varie frequenze. I dati raccolti vengono poi esaminati per identificare anomalie che potrebbero indicare trasmissioni intelligenti piuttosto che fenomeni naturali.
Questa ricerca ha profonde implicazioni non solo per la nostra comprensione della vita extraterrestre, ma anche per il nostro posto nell’universo. Scoprire segnali intelligenti provenienti da un’altra civiltà non sarebbe infatti solo una grande rivelazione scientifica, ma anche un momento storico che trasformerebbe la nostra visione del cosmo e il nostro ruolo come specie.
Uno studio focalizzato sulle basse frequenze radio
Nel 2019, i ricercatori guidati da Chenoa Tremblay del SETI Institute e Steven Tingay della Curtin University hanno condotto uno studio ambizioso per cercare segnali extraterrestri in un’area precedentemente poco esplorata: basse frequenze. Per la scansione delle frequenze è stato utilizzato il Murchison Widefield Array (MWA), situato in Australia che vanno da 80 a 300 MHz. Questo intervallo è inferiore a quello generalmente esplorato dai progetti SETI su cui spesso si concentrano la frequenza di emissione dell’idrogeno di 1420 MHzuna frequenza chiave per rilevare potenziali segnali.
I ricercatori hanno preso di mira un campo visivo di 30 gradi nella costellazione delle Vele, che comprende 2.880 galassie. Di queste galassie, 1.317 avevano distanze precise conosciute dalle misurazioni dello spostamento verso il rosso. Conoscendo queste distanze, il team è stato in grado di determinare la potenza minima necessaria affinché un segnale radio proveniente da una civiltà avanzata potesse essere rilevato dai suoi strumenti.
I risultati dello studio hanno mostrato che, sebbene i ricercatori non abbiano rilevato segnali extraterrestri, hanno stabilito che a nuovo limite per il rilevamento di tali segnali. Secondo le conclusioni dello studio, affinché un segnale possa essere rilevato alla frequenza di 100 MHz, dovrebbe emettere con una potenza di 7 x 10^22 watt. Questa scoperta pone quindi un importante traguardo per la ricerca futura in quest’area e mette in luce la portata dell’energia necessaria per captare i segnali extraterrestri.
Lo studio è pubblicato in Il giornale astrofisico.
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