una scoperta eccezionale fatta in Gabon


Nel 2023, un team di ricercatori ha annunciato di aver scoperto i fossili di protisti più antichi conosciuti al mondo. Questi organismi, identificati nel deposito gabonese di Moulendé, si sarebbero evoluti in mare 2,1 miliardi di anni fa. Finora le forme simili più antiche risalivano a 570 milioni di anni fa. I dettagli di questo lavoro sono pubblicati sulla rivista Lettere di Scienze Planetarie della Terra.

Francevillian è una formazione geologica situata nella regione di Franceville, nel sud-est del Gabon. È considerato uno dei siti più importanti per comprendere la prima evoluzione della vita sulla Terra. E non a caso, qualche anno fa, un team guidato da Abderrazak El Albani, dell’Università di Poitiers/CNRS, ha scoperto lì i fossili più antichi di organismi multicellulari. Questi erano datati 2,1 miliardi di anniO 1,5 miliardi di anni più vecchio del previsto.

Come promemoria, gli organismi multicellulari sono costituiti da diverse cellule distinte (ciascuna avente un nucleo contenente DNA) che lavorano insieme per svolgere funzioni specifiche. Queste cellule sono organizzate in tessuti, organi e sistemi, il che consente a questi organismi di svolgere compiti più complessi rispetto agli organismi unicellulari molto più semplici (sebbene alcuni siano capace di “cambiare idea”). La loro comparsa è stata un evento chiave nell’evoluzione della vita sulla Terra.

Nel corso degli anni, i ricercatori hanno identificato diverse centinaia di esemplari. Questi fossili (i “Gaboniontas”) vivevano probabilmente in grandi colonie sui fondali piatti e poco profondi.

Nuovo sconvolgimento

Più recentemente, lo stesso team ha fatto un’altra entusiasmante scoperta nella stessa regione: protisti (organismi unicellulari). Questi organismi, risalenti allo stesso periodo, questa volta si sono evoluti nel colonna d’acqua, come l’attuale plancton. Gli esemplari più grandi, che somigliavano a dischi volanti, misuravano fino a 4,5 cm di diametro.

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Protisti eucariotici planctonici macroscopici
Alcuni dei fossili scoperti. Crediti: A. El Albani e A. Mazurier

I ricercatori spiegano che sono riusciti a stabilire in modo molto preciso il loro metabolismo grazie allo zinco, un micronutriente bioessenziale essenziale per la sintesi delle proteine ​​negli eucarioti.

Nel dettaglio, questo elemento si presenta in due isotopi, di cui all’interno delle cellule prevale il più leggero. Utilizzando strumenti all’avanguardia, i ricercatori sono stati in grado di tracciare la distribuzione di questi isotopi su scala nanoscopica all’interno di questi campioni. Hanno così confermato che i livelli erano la metà di quelli dei sedimenti circostanti. Sono stati anche in grado di determinare che la dimensione dei fossili aumentava con la concentrazione di zinco.

Queste creature quindi vivevano galleggiando nell’acqua del mare 2,1 miliardi di anni fa. Tuttavia, loro aggregavano anche piccole e fini particelle di argilla che talvolta le appesantivano al punto da farle affondare e depositarsi sul fondo del mare. Questo processo potrebbe spiegare la loro presenza in questa formazione gabonese.

Per quanto riguarda gli eucarioti multicellulari citati all’inizio dell’articolo, i protisti unicellulari planctonici più antichi fino ad oggi sono stati quelli della fauna ediacarana, datati al 570 milioni di anni fa.

Questa scoperta rivoluziona la nostra comprensione dell’evoluzione dei protisti e degli eucarioti, estendendo significativamente i limiti temporali della loro esistenza sulla Terra. Il lavoro del team di Abderrazak El Albani non solo fa risalire questi organismi a 2,1 miliardi di anni fa, ma fornisce anche preziose informazioni sul loro modo di vivere e sul loro ambiente. La capacità di tracciare il metabolismo di questi fossili utilizzando lo zinco è un importante progresso tecnologico che apre nuove prospettive per lo studio della vita primitiva. Questi risultati rafforzano l’importanza del sito di Franceville come un vero tesoro per i paleontologi ed evidenziano il potenziale per future scoperte in questa regione. Rivalutando le prime fasi della vita complessa sul nostro pianeta, questa ricerca ci ricorda quanto resta ancora da imparare sui misteri del nostro lontano passato.

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